Cliente 4.0: progettare la relazione digitale
- Relazioni
Un solo termine, semplice, che racchiude in sé il segreto della buona riuscita di qualsiasi rapporto umano: non possiamo sperare di avere accanto qualcuno di speciale nella nostra vita privata senza sviluppare una relazione; non possiamo pensare di fare business seriamente senza avere una relazione con i nostri clienti, con i nostri partner e/o con la nostra base di utenti. Un concetto apparente- mente semplice, ma che in realtà richiede molto lavoro quotidiano.
Quando dico in giro che mi occupo di sviluppare relazioni, qualcuno mi guarda ancora storto e mi risponde che non faccio altro che parlare. In effetti creare relazioni significa innanzitutto comunicare ed entrare in qualche modo in sintonia con chi abbiamo davanti, stabilire un contatto mentale ed empatico che favorisca uno scambio di informazioni fra i vari soggetti.
Uomini e macchine, nuove frontiere della relazione
La relazione può essere fra persone, dal vivo, ma può passare anche da sistemi digitali. Il digitale ha velocizzato e aumentato esponenzialmente la fruibilità di informazioni da parte degli utenti, basti pensare ai social network o ai siti di informazione: il linguaggio che utilizziamo contraddistingue noi, il nostro brand, il nostro modo di essere. Le nostre parole sono lo strumento con cui creiamo un rapporto e con cui possiamo guadagnare la fiducia di chi interagisce con noi.
Sistemi digitali come mezzo di comunicazione, quindi. Ma cosa succede quando di fronte a noi non dovessimo trovare un umano, ma una macchina o un sistema dotato di intelligenza artificiale? Quali concetti si applicano e come si progetta una relazione in questo caso? Non stiamo parlando di fantascienza: nel momento in cui stai leggendo questo articolo, già un utente su tre sta interagendo con le aziende utilizzando strumenti che fanno in qualche modo uso di intelligenza artificiale.
Questi strumenti, nella maggior parte dei casi, si presentano a noi come delle semplici chat in cui dall’altra parte non c’è un umano a rispondere, bensì un software. Si parla, in questi casi, di interfacce conversazionali. In molti casi questi sistemi rappresentano il primo punto di contatto con le aziende: Customer Care, task automation (come gli assistenti per gli acquisti), informazioni su prodotti e promozioni, solo per fare alcuni esempi.
Come si progetta un’interfaccia conversazionale
La progettazione di un’interfaccia conversazionale vede applicate le stesse best practice del design tipico delle tradizionali interfacce grafiche. Negli anni ’90 Jakob Nielsen ha scritto le dieci euristiche di usabilità per il design di un’interfaccia utente: tutte queste regole sono applicate anche nella progettazione di un sistema conversazionale. Fra tutte, mi preme citarne una:
“Il primo grande beneficio del lavoro da remoto è che riusciamo a concentrarci più di quando siamo in ufficio. Le video-conference, inoltre, sono abbastanza sdoganate. L’elemento negativo più importante, invece, è stato quello del mancato contatto con i colleghi e il fatto di avere i figli a casa”.
È importante quindi che i sistemi che andiamo a progettare per i nostri utenti e clienti utilizzino un linguaggio in linea con il brand che rappresentano. Dobbiamo altresì andare a progettare la personalità del sistema intelligente, in modo che sia in linea con l’immagine e la comunicazione del brand. In sintesi, il nostro assistente virtuale deve usare il giusto “tono di voce”. Per progettare una buona conversazione dobbiamo, insomma, lasciarci ispirare dalle interazioni umane e dobbiamo tenere conto dei giusti tempi e intervalli di conversazione: un chatbot che risponde prima che il cliente abbia finito di parlare o che fa attendere troppo non è un buon esempio di esperienza utente. L’utilizzo dei conversational marker è fondamentale: “Ok, bene”, “Dunque”, “Buongiorno” sono tutte espressioni che noi utilizziamo spesso nelle nostre frasi; ma soprattutto non può mancare uno scambio di informazioni fra gli interlocutori.
Qualche settimana fa, durante il Google I/O, è stato presentato Google Duplex: un sistema di intelligenza artificiale che si integra in Google Assistant e che effettua telefonate e prenotazioni di vario genere (per esempio ristoranti). Se avete avuto modo di guardare la presentazione, avrete visto come si faccia proprio uso di conversational marker, e come i tempi di ascolto e risposta siano ben bilanciati fra loro. Duplex, inoltre, usa quelle che sono chiamate “disfluenze del linguaggio” – ovvero quell’insieme di suoni tipo “uhm”, “eh” – che fanno parte del linguaggio naturale e sono usate anche da noi umani per prendere tempo e organizzare il discorso. Questi e altri accorgimenti hanno permesso a Google di mettere in piedi una demo che ha lasciato la platea a bocca aperta.
Tecnologia, dati e Customer Centricity
Ma tutto questo è sufficiente? No. Ci sono almeno altri due aspetti su cui vale la pena soffermarsi: la tecnologia e i dati a disposizione. Così come il nostro cervello ha bisogno di formarsi e di apprendere, così anche un sistema di intelligenza artificiale ha bisogno di una buona base di dati per imparare a rispondere nel modo più corretto. Esempi come Google Duplex sono evidentemente rappresentazione di qualcosa di eccellente che ha una base di dati ottima e fa uso di tecnologie molto avanzate, ma molte soluzioni che troviamo online propongono purtroppo un’esperienza molto più povera. Esistono soluzioni che, per esempio, non ricordano il contesto della conversazione o provano a mascherarsi da umano, non riuscendo a dare le risposte che un cliente si aspetterebbe. Quando tengo dei workshop sull’argomento e chiedo ai partecipanti se preferiscano interagire con un umano o con una macchina, ci sono due categorie di persone: quel- le che optano per il contatto umano senza alcun dubbio e quelle a cui potrebbe andar bene anche la macchina, a patto che sia affidabile, veloce e che porti a compimento lo scopo per cui è stata concepita.
Ecco: in quest’ultima risposta è contenuto proprio l’aspetto centrale di qualsiasi prodotto. In fase di progettazione è fondamentale mantenere sempre l’utente/cliente al centro. In questo modo riusciremo a creare qualcosa di utile che genera relazione e fiducia.
Di tutto questo e di altro parleremo all’evento “Oltre il CRM: il Cliente 4.0”. Iscrivetevi qui!
Articolo pubblicato anche su “CMI Customer Management Insights” di Giugno 2018. www.cmimagazine.it.