Phygital, un nuovo paradigma?
- 28.01.20
- H 10:00
- Copernico Milano
1990: Tim Berners-Lee, un ingegnere britannico che lavora al CERN di Ginevra, inaugura il Word Wide Web.
La prima pagina che creò esiste ancora ed è lì che si trova la definizione originale di questa innovazione, in 21 parole:
“The WorldWideWeb (W3) is a wide-area hypermedia information retrieval initiative aiming to give universal access to a large universe of documents.”. ”Il WorldWideWeb è una iniziativa per il recupero di informazioni hypermedia ad area estesa che mira a dare un accesso universale a un vasto universo di documenti”.
L’ipertesto è un testo non lineare. Seguendo dei link posso navigare all’interno di un albero di informazioni. Un concetto che sembra scontato, nel 2020, ma che non lo era affatto trent’anni fa. L’ipertestualità ci è però sembrata fin da subito semplice, naturale, perché rispecchiava e continua a rispecchiare il funzionamento di qualcosa che noi conosciamo bene: la nostra mente.
L’innovazione non si fermava a un diverso modo di navigare le informazioni: il World Wide Web creava una copia digitale del nostro mondo fisico. E non lo faceva in un laboratorio chiuso ed elitario: un enorme numero di informazioni iniziava ad essere disponibile a tutti.
Ci abbiamo messo un po’ a metabolizzare la notizia, tanto che nel 1991 al mondo c’era un solo sito web: quello di Berners-Lee. Poi le cose sono cambiate velocemente.
Oggi basta visitare internetlivestats.com per rendersi conto di come sia andata a finire.
L’innovazione negli anni
Quella del World Wide Web è la prima di varie innovazioni che compongono il mondo digitale che oggi conosciamo. Nel giro di pochi anni:
- 1993: nasce il formato audio MP3
- 1994: nasce Cadabra (diventerà Amazon). IBM lancia Simon, il primo smartphone. Rimarrà sul mercato soltanto sei mesi.
- 1995: Microsoft lancia Windows 95 e i servizi MSN. Nasce eBay.
- 1996: nasce ICQ.
- 1998: Google.
- 1999: Shawn Fanning lancia Napster.
- 2001: nasce Wikipedia.
- 2002: nasce LinkedIn.
- 2003: arriva sul mercato il BlackBerry Quark, il primo smartphone che finisce davvero in mano alle persone. Vengono lanciati Skype e MySpace.
- 2004: nasce Facebook.
- 2005: nasce YouTube.
- 2006: nasce Twitter (e YouPorn).
- 2007: Amazon lancia il Kindle. Steve Jobs presenta iPhone.
Abbiamo iniziato la colonizzazione di quel mondo nuovo, che Alessandro Baricco nel suo “The Game” chiamava Oltremondo e che fungeva da estensione del nostro mondo fisico. Con l’arrivo dei primi smartphone e poi con il lancio dell’iPhone, abbiamo ricevuto in dotazione uno strumento che estendeva le nostre capacità e ci dava accesso all’Oltremondo senza bisogno di sederci davanti a un computer.
Anche in questo caso, pensate all’evoluzione: prima i computer erano delle macchine giganti che potevano stare soltanto all’interno di un laboratorio e venivano comandate da personale specializzato, poi sono diventati Personal Computer che entravano nelle nostre case e che chiunque poteva utilizzare. Con l’arrivo degli smartphone prima e dei dispositivi indossabili poi l’accesso al mondo digitale ce lo siamo trovati addosso, sul nostro corpo.
Con gli anni abbiamo utilizzato gli strumenti del mondo digitale delegando loro molte delle nostre attività: la prenotazione di un viaggio, la promozione del nostro lavoro, fino ad arrivare alle nostre relazioni. Tinder nasceva nel 2012 e in meno di due anni contava già più di un miliardo di swipes al giorno. Un miliardo. Al giorno. Il 6 Agosto 2019, Tinder aveva 5,2 milioni di utenti paganti.
Ci siamo lasciati coinvolgere da questo nuovo mondo, abbiamo messo lì dentro la nostra vita, il nostro lavoro e le nostre relazioni. A volte forse anche troppo. Il mondo del business è cambiato: alcuni lavori sono andati scomparendo, altri sono stati creati.
Oggi siamo nell’era dell’Intelligenza Artificiale, sulla quale abbiamo già avuto modo di fantasticare e immaginare scenari apocalittici degni di pellicole — per usare un termine vintage — come “Matrix”.
Oggi le macchine possono analizzare i dati con una velocità che noi ci sogniamo, rispondere velocemente ai nostri Clienti, guidare un’auto e aiutarci a diagnosticare le malattie.
Nuovo paradigma?
Bello, vero? Ma quindi questo phygital è davvero un nuovo paradigma?
Tutte le applicazioni, trent’anni fa come oggi, ci indicano chiaramente che i due mondi — quello fisico e quello digitale — non sono mai stati paralleli, ma intersecati l’un l’altro. La tecnologia, fin dalle prime innovazioni ci ha portato ad un aumento delle capacità umane, mai a una loro completa sostituzione. La stessa cosa sta succedendo al giorno d’oggi con le nuove tecnologie esponenziali.
Viviamo in un’epoca in cui utilizzando gli strumenti che abbiamo a disposizione possiamo davvero fare cose incredibili per le persone: ognuno di noi, senza esclusione. Le tecnologie sono davanti a noi, alla portata di tutti: dobbiamo solo utilizzarle bene. Per farlo diventa fondamentale ripartire da noi, dal mondo fisico, dalla realtà delle cose. Oggi più che mai dobbiamo rifondare le nostre relazioni umane, riscoprire chi siamo, il nostro valore e usare poi la tecnologia per aumentarlo. Non possiamo pensare di progettare il digitale senza conoscere l’umano: non possiamo creare prodotti e servizi che utilizzano tecnologie fighissime senza sapere come esse possano interagire con gli umani.
Oggi, mai come prima, dobbiamo tornare a divertirci ed emozionarci nel mondo fisico. Lavoriamo su di noi e su chi abbiamo intorno e poi scaliamo.
Le relazioni umane sono al centro di qualsiasi istante della nostra vita. Le relazioni internazionali non si stanno deteriorando a causa dei social, badate bene. I social amplificano le interazioni, ma quello che sta accadendo e a cui assistiamo quotidianamente nasce da un deteriorarsi delle relazioni umane e dalla nostra crescente incapacità di rapportarci ai nostri simili.
Competenze e futuro
Insomma: non stiamo inventando e non dobbiamo inventare niente di nuovo. Dobbiamo solo rifondare questo Oltremondo e per farlo dobbiamo andare oltre le competenze ingegneristiche e tecnologiche che lo hanno caratterizzato negli ultimi anni. Dobbiamo fare in modo che l’estensione del reale sia un posto in cui tutti possano sentirsi a loro agio. Servono competenze umanistiche, dobbiamo lavorare sull’empatia e sulle relazioni umane. È arrivato il momento che noi tecnici impariamo a diventare un po’ più simili ai filosofi e sociologi con cui dovremmo collaborare. Dobbiamo davvero fermarci un attimo a riflettere per far emergere di nuovo quello che abbiamo di umano e il valore delle nostre relazioni, in primis nel mondo reale. Solo così potremo davvero tornare ad innovare e creare qualcosa per il futuro.
Futuro solo umano e niente digitale, quindi? Niente affatto! Mi aspetto anche un futuro in cui la tecnologia possa diventare anche più presente e vicina a noi, ma come supporto alle nostre relazioni e alle nostre attività nel mondo reale.
Due mondi che quindi convergono, definitivamente, diventando due declinazioni di un unico sistema. Un indizio? Le nostre lingue, quelle che parliamo, hanno origini antiche: sarà mica un caso che relazioni e relationship siano termini usati sia per definire i collegamenti fra dati digitali che fra umani?